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Studi di Diritto comparato

Intitolare una nuova collana editoriale è compito dagli inevitabili riflessi evocativi, che si accompagnano a naturali scopi programmatici. Perché dare il nome ad essa significa anche imprimervi il marchio di ciò che dalla collana gli studiosi della materia possono ragionevolmente attendersi e di ciò che essi non debbono sperare di ottenere, perché estraneo agli obiettivi editoriali. Nel caso di questa collana di Diritto Privato Comparato, la scelta è orientata verso il polo negativo in misura forse maggiore che verso quello opposto, e cioè delle attese da soddisfare.

 

Il Curatore della collana esprime la consapevolezza di ciò che essa non è, della direzione che essa non prenderà. Ed allora, cosa non essere, cosa non volere? L’idea che ha mosso il Curatore è di adattare la neonata linea editoriale alla risistemazione didattica delle Facoltà Giuridiche Italiane ed alla connessa riemersione come insegnamento fondamentale del diritto privato comparato, in posizione almeno equiordinata rispetto agli insegnamenti sistemologici. Dal tradizionale oggetto di questi ultimi e dal largamente condiviso metodo applicato al relativo studio è parso, pertanto, saggio distanziarsi per riapprodare a temi e criteri di ricerca non solo microcomparatistici nella dimensione ma anche ispirati alla tradizione di analisi di settori, istituti, figure dei diritti privati nazionali che suscitino l’interesse dello specialista in ragione, congiunta o alternativa, dell’importanza e profondità delle loro storiche radici e manifestino un grado equivalente di rilevanza in ordinamenti stranieri.

 

Così, la collana non si pone il problema della riducibilità del tema trattato nei singoli volumi ai modelli consegnati dalla sistemologia ma obbedisce alla stringente esigenza di dar conto dell’intrinseca meritevolezza scientifica della materia secondo la doppia legge del prestigio della sua tradizione e, non contraddittoriamente, dell’attualità del suo innesto in più ordinamenti civilistici comparativamente raffrontati. Non si vuole, allora, fare delle opere da ospitare nella collana strumenti di verifica dei modi e delle forme della circolazione extranazionale degli istituti di cui essi si occupano né trarre da essi elementi di valutazione dei rapporti interordinamentali e della permanenza dei caratteri contraddistintivi delle famiglie giuridiche di appartenenza.

 

Non al “quomodo” si vuole guardare, ma al “quid”: del primo, forse anche preminente, profilo si lascia con pari sentimenti di rispetto e di assenza di colpa al domain metodologico e didattico della sistemologia l’onore dell’analisi e della descrizione; del secondo, si assume qui con entusiasmo e fiducia l’onere e lo studio minuto e capillare. Sarebbe un deprecabile esercizio di astuzia fingere che le ragioni che in negativo hanno dato impulso a questo impegno editoriale non siano convertibili, e leggibili, in speculari ragioni che in positivo hanno contribuito alla stessa scelta e che si spera siano trasparse dalle brevi osservazioni precedenti. Dipende forse dal punto di vista che si adotta nel giudicare il taglio della collana coglierne i caratteri salienti: non può, però, nascondersi il fatto, fino a questo punto della presentazione tenuto schiacciato nei confini dell’opportunità, che il doppio ordine di ragioni prima individuate trovi una genesi efficiente in vicende e tendenze proprie della comunità dei comparatisti italiani.

 

A tali vicende e tendenze la collana non vuole restare insensibile, né vuole apparire ingrata nei confronti dei loro precipitati umani e scolari: al tempo stesso, essa non ha l’intenzione di giocare una parte di comprimaria silente. La vita della comparatistica italiana è ormai scandita, nel tempo, nello spazio, nei destini individuali ed accademici, dalle tappe di un processo culturale che è, a propria volta, figlio di un manifesto programmatico ed epistemologico, tanto acutamente redatto quanto perspicuamente pensato quanto, infine, zelantemente attuato fino al limite della rassegnazione alla sua immodificabilità. Non conta qui identificare materialmente tale manifesto né richiamarlo contenutisticamente né individuarlo attraverso il fondamentale riferimento topografico.

 

Esso è, in fondo, divenuto un’astrazione e, come tutte le astrazioni che ambiscono ad iscriversi nel mondo delle idee innate, è avvertita come immanente alla comunità che da essa ed alla sua stregua trae in ogni senso disciplina. Ciò che qui conta è la constatazione che il manifesto-astrazione, orgoglioso della sua scelta metodologica, non è sempre particolarmente proclive a studi mononucleari. Al curatore di questa neonata collana è sembrato di avvertire un circolante desiderio che possa tornare a crescere l’erba su cui impiantare una nuova rete di studi e ricerche comparatistiche di taglio monografico. In questo spazio la collana aspira, in punta di piedi e con l’ausilio della buona volontà dei più giovani, a collocarsi.

Pubblicazioni di Studi di Diritto comparato

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