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Asfaltar no es gubernar, così diceva e scriveva Don Salvador De Madariaga, l’insigne intellettuale liberale spagnolo anifranchista, che negli anni Cinquanta andò a insegnare letteratura spagnola nell’Università di Oxford. Con quella apparente semplice frase – “asfaltare non è governare” – si voleva mettere in evidenza proprio le difficoltà del governare, dove svolgere la sola ordinaria amministrazione non è certo sufficiente. Perché occorre sapere esercitare un potere non fine a se stesso ma orientato nella direzione di una riforma culturale e morale della società: la più vasta, profonda, partecipata e condivisa possibile.
Quest’ultima si deve tradurre in un buongoverno, quale modo e metodo per la corretta gestione del bene comune, attraverso un chiaro e preciso programma di indirizzo politico nel quale valorizzare le esigenze e le aspettative della cittadinanza, che devono essere rivolte principalmente ed essenzialmente al perseguimento dei valori di giustizia e libertà. Buongoverno quindi, come una certa idea politica e della politica così ben rappresentata dal famoso ciclo pittorico affrescato fra il 1338 e il 1340 da Ambrogio Lorenzetti nel Palazzo Pubblico di Siena e intitolato Effetti del Buono e del Cattivo Governo nella campagna e nella città. Un affresco bellissimo, che esprime la complessità e l’armonia del buongoverno, attraverso vari metodi – teologico, politico, giuridico, economico, etc. – proposti e offerti alla capacità dell’uomo e alla sua saggezza per la gestione del bene comune.
A quella apparente semplice frase – “asfaltare non è governare” – ha pensato l’autore quando ha deciso di scrivere “Declinazioni del governare”. Proprio perché il governare non è e non può essere una sola e unica tecnica, come fosse una sorta di modellino preconfezionato adatto a tutte le stagioni della politica. Governare è un atto costituzionale, distinto dalla governabilità, che è una (legittima) tensione e attenzione politica. Governare è un verbo che va declinato a seconda delle traiettorie istituzionali, che si intendono muovere nell’esercizio del potere di governo e nei (buoni e leali) rapporti con gli altri soggetti costituzionali.
Il primo capitolo si apre così con una domanda provocatoria “Il buongoverno è un mito?”, per poi proseguire con l’analisi, nel secondo capitolo, dell’anatomia e dell’anomalia di un governo tecnico.Ci si chiede nel prosieguo del volume se “governare sia meglio che rappresentare” per poi approfondire il premierato e il sistema parlamentare.
La rappresentanza e la legislazione vengono prese in considerazione all’interno dell’età della globalizzazione, e in seguito viene trattato il tema del potere costituente e della sovranità popolare.
Nell’ultima parte si afferma la necessità di regolare i partiti al fine di rilanciare questi ultimi, e infine si affronta il tema dell’antiparlamentarismo e dei suoi interpreti.