Siamo ormai giunti alla sesta edizione di questo Manuale che, a stare alla sequenza biennale di ogni edizione, sta a dirci che s’è ormai compiuto l’arco di un decennio dalla sua “prima”.
In occasione di ogni nuova edizione, questa Avvertenza ha inteso dar conto delle principali novità inte...
Siamo ormai giunti alla sesta edizione di questo Manuale che, a stare alla sequenza biennale di ogni edizione, sta a dirci che s’è ormai compiuto l’arco di un decennio dalla sua “prima”.
In occasione di ogni nuova edizione, questa Avvertenza ha inteso dar conto delle principali novità intercorse nel biennio che la separava dalla precedente.
In quella della quinta edizione si faceva inizialmente riferimento all’appena intervenuta revisione costituzionale in tema di riduzione del numero dei parlamentari, operata dalla legge costituzionale n. 1 del 2020, a suggello della archiviazione della stagione delle riforme costituzionali a largo spettro. Anzi, si potrebbe pensare che essa abbia inaugurato una diversa fase di micro-riforme a perimetro circoscritto (l. cost. n. 1 del 2021, che ha parificato a quella della Camera la soglia di età per l’esercizio del diritto di voto per il Senato; l. cost. n. 1 del 2022 di modifica degli artt. 9 e 41 Cost., in tema di valorizzazione della salvaguardia dell’ambiente; l. cost. n. 2 del 2022, che ha introdotto nell’art. 119 Cost. il c.d. principio di insularità).
Il fatto è, però, che all’orizzonte di questa XIX legislatura, accanto ad iniziative di implementazione di carattere sostanzialmente costituzionale, come la riforma in tema di autonomia differenziata in attuazione dell’art. 116, 3° comma, Cost., si staglia la prospettiva (ad oggi dai contorni ancora non definiti) di una revisione a largo impatto per la modifica in senso presidenzialista della nostra forma di governo. Ciò che sembra richiamare in vita le ambizioni di revisione-rigenerazione del sistema proprie della stagione precedente e con esse il clima di forte contesa e contrapposizione intorno alla Costituzione che in quella stagione si è vissuto e negli anni appena trascorsi pareva invece scomparso.
Ma in quella avvertenza si rammentava, soprattutto, la drammatica congiuntura della pandemia con tutto il suo carico di ricadute sulla dinamica (e sulla stessa tenuta) del sistema, non essendovi – si diceva – “piano ordinamentale che sia rimasto indenne dalla profonda incidenza delle misure adottate per il suo contenimento: non la produzione del diritto oggettivo; non la forma di Governo; non la tutela dei diritti fondamentali, non l’esercizio delle funzioni pubbliche”. Ora anche quella esperienza sembra essere alle nostre spalle e il suo carico di conseguenze all’apparenza assorbito. Se non fosse, da un verso, che le anomalie a (raggiera) riscontrate nei meccanismi ordinamentali nel corso di quella temperie si sono, in parte, collocate nel solco di una ordinaria alterazione che da tempo caratterizza il nostro sistema costituzionale rispetto al modello consegnatoci dalla Costituzione repubblicana; dall’altro, che, salutata la pandemia, non pare invece ugualmente eclissata la condizione emergenziale (dichiarata o meno) di contesto. Dall’emergenza pandemica a quella ambientale, per arrivare a quella bellica. Insomma, l’emergenza pare ormai stabilmente insediata (ed insinuarsi sempre più) nelle scelte di politica nazionale e sovrannazionale e il suo incombere finisce anche per connotare, anzi riplasmare non poco anche la fisionomia degli istituti, gli orientamenti della giurisprudenza e, in definitiva, le stesse dinamiche (e i meccanismi di funzionamento) del nostro ordinamento costituzionale.
Ci si potrebbe chiedere: il diritto costituzionale dell’emergenza sembra così perdere pian piano la sua qualificazione?
Staremo a vedere.
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