Il significato del termine “necessità” giuridicamente argomentando non è univoco.
La locuzione infatti comprende in se un senso derivante dal diritto naturale, dal quale è poi possibile la ricerca della derivazione normativa.
Grozio, per riconoscere agli stati la “scusa” di necessità, fa...
Il significato del termine “necessità” giuridicamente argomentando non è univoco.
La locuzione infatti comprende in se un senso derivante dal diritto naturale, dal quale è poi possibile la ricerca della derivazione normativa.
Grozio, per riconoscere agli stati la “scusa” di necessità, fa riferimento alla sentenza di Seneca “Necessitas, magnum humanae imbecillitatis patrocinium, omnem legem frangit”, spiegandola nei termini “humanam scilicet, aut ad humanae modum factam”, nel riconoscere il diritto di necessità ai singoli individui, i quali uniti in stato traslano il riconoscimento alla formazione statale.
Contro tale impostazione era la negazione del diritto di necessità agli stati in quanto lo si neghi al singolo individuo.
Ogni uomo prima di agire deve decidere cosa fare, il che presuppone la determinazione di cosa sia bene e cosa sia male attraverso un atto della ragione che implica la conoscenza del bene e del male.
In questo è il fondamento naturale del decidere se agire a sacrificio di un diritto in favore di un altro o viceversa nelle situazioni di necessità.
La definizione normativa dello stato di necessità richiede di conoscere quale sia il significato da attribuire al termine necessità, situazione che implica normalmente, se riferita ad un’azione che si deve compiere, una scelta.
La vita di tutti i giorni è fatta di scelte operate in base alle necessità del momento, si rinuncia a qualche cosa, per ottenere altro maggiormente utile a soddisfare le necessità del momento.
Per avvicinarsi all’idea di stato di necessità normativo, il termine necessità va ricondotto a quello di scelta tra un bene o un altro.
Se poi necessità e scelta vengono coniugate con il verbo dovere, ecco che ci avviciniamo al concetto di stato di necessità normativo, anche senza poter ancora cogliere la sua vera essenza, più articolata e complessa, in quanto descritta per note interne nell’art. 54 c.p., ove, mediante l’individuazione di elementi quali il pericolo, l’attualità e il danno grave alla persona, si delimita il concetto normativo dello stato di necessità valido per il diritto penale.
La ragione dello stato di necessità è il dover agire, in un senso o nell’altro, in un conflitto di doveri che si risolve in una scelta in favore di un bene, a scapito di un altro.
Proprio il conflitto di doveri che sorge dalla scelta di sacrificare un bene in favore di un altro bene giuridico, giustifica la mancata irrogazione della sanzione penale.
Lo studio dello stato di necessità comporta l’individuazione degli elementi o delle condotte, sulle quali lo stato fonda la necessità di mandare esente da pena il sacrificio di un bene in favore di un altro, rinunciando all’irrogazione della sanzione per la condotta necessitata in ragione della sua finalità; il fondamento è nell’approvazione del fatto necessitato, o scusato, o scriminato, rispetto alla riprorevolezza per quello sacrificato, in un bilanciamento di interessi normativo le cui coordinate sono quelle fissate dall’ordinamento attraverso le sue norme, prima delle quali l’art. 54 c.p.
Il bilanciamento del conflitto di doveri da cui scaturisce la mancata sanzione per il fatto necessitato, si riverbera nella sfera di influenza che la scriminante ha sull’efficacia deterrente della pena.
La situazione a cui fa riferimento lo stato di necessità, non è sussumibile in un concetto unitario, stanti le sue numerosissime declinazioni pratiche, in relazione al dovere di agire, alle possibilità di scelta tra un’azione ed un’altra e all’elemento soggettivo.
Ulteriori problemi suscita il profilo di compatibilità della legislazione riguardante le cause di giustificazione del diritto penale con i parametri costituzionali, ritenuta la presenza di elementi di possibile violazione dei diritti fondamentali.