I giudizi che direttamente coinvolgono Stato e Regioni davanti alla Corte costituzionale, ossia quello in via principale e il conflitto di attribuzione, consentono di verificare quale sia la natura del relativo rapporto che, in modo differente, in essi si riflette e si declina, attraverso l’indivi...
I giudizi che direttamente coinvolgono Stato e Regioni davanti alla Corte costituzionale, ossia quello in via principale e il conflitto di attribuzione, consentono di verificare quale sia la natura del relativo rapporto che, in modo differente, in essi si riflette e si declina, attraverso l’individuazione dei profili processuali di maggiore interesse e problematicità.
Queste due tipologie di processo costituzionale , sebbene presentino specifici aspetti che ne contraddistinguono la procedura e, conseguentemente, ne differenziano i requisiti e le modalità di svolgimento, sono accomunati da alcuni tratti che attengono da un lato al carattere discrezionale della loro attivazione – e, dunque, disponibile della sottesa azione processuale da parte degli enti che ne sono titolari – e dall’altro alla assoluta indisponibilità delle prerogative costituzionali che ne sono oggetto.
Nell’individuare i profili processuali maggiormente problematici della contrapposizione diretta fra Stato e Regioni davanti alla Corte costituzionale che derivano da tali caratteri, il giudizio in via principale consente senz’altro di porli in evidenza con maggiore efficacia, se pure, come si cercherà di mostrare, essi appaiano non del tutto irriducibili. Il campo di indagine costituito dal conflitto di attribuzione, invece, permette, almeno in parte, di superarli, riconducendoli entro un perimetro di maggiore coerenza e sistematicità, sempre tenendo conto delle considerazioni svolte circa la natura disponibile e politica della scelta del ricorso e il carattere indisponibile delle sottese prerogative costituzionali propri del giudizio in via principale, che analogamente lo caratterizzano.
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