Se il processo è un mistero, come insegnava Salvatore Satta, la sentenza ne è certamente la manifestazione più emblematica.
La pretesa di disciplinare giuridicamente la decisione giurisdizionale e, in particolare, di regolare il convincimento del giudice appare come un’impresa titanica. Del re...
Se il processo è un mistero, come insegnava Salvatore Satta, la sentenza ne è certamente la manifestazione più emblematica.
La pretesa di disciplinare giuridicamente la decisione giurisdizionale e, in particolare, di regolare il convincimento del giudice appare come un’impresa titanica. Del resto, il giudizio possiede una dimensione psicologica che, per sua stessa natura, sfugge a ogni verifica e controllo esterno. Ciò induce a guardare con un certo disincanto – se non, addirittura, con aperto scetticismo – alle disposizioni del codice di rito dedicate alla formazione della sentenza, ai suoi contenuti tipici e alle modalità della sua pubblicazione.
Come se non bastasse, individuare la “fisionomia” della sentenza è compito tutt’altro che agevole, anche se l’indagine rimane confinata sul piano strettamente giuridico. Poiché la nozione in esame è insita nell’idea stessa di processo, dottrina e giurisprudenza si accontentano il più delle volte di definizioni tralatizie, le quali riflettono pregiudizi assai radicati circa la natura, la posizione e il valore dell’atto giurisdizionale per eccellenza. Si tratta di formule intuitive, delle quali è apprezzabile soprattutto l’efficacia didattica. Esse, tuttavia, da un lato, si rivelano imprecise alla luce delle disposizioni processuali e, dall’altro lato, non apportano contributi significativi per la risoluzione delle complesse questioni ermeneutiche che emergono dalla disciplina della sentenza (quando non si rivelano, addirittura, fuorvianti per la loro comprensione). Si perde, in ogni caso, la consapevolezza circa la relatività storica e teorica dell’istituto, come se la decisione giurisdizionale fosse immersa in una “realtà” normativa immutabile. Bisogna, invece, tenere presente che le differenti opinioni circa la natura della sentenza e le funzioni che essa svolge nel sistema processuale dipendono in larga misura dalle premesse teoriche che, più o meno palesemente, le condizionano. Pure l’analisi diacronica testimonia come l’ampiezza della categoria in esame abbia subito notevoli oscillazioni nel corso del tempo, essendo una variabile dipendente sia dalla struttura processuale complessiva sia dalle scelte contingenti compiute dal legislatore.
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