Si è detto che la causalità psichica sia una sorta di «finestra su quella metateorica del diritto penale, di cui gli studiosi e i pratici tendono normalmente a offuscare il rilievo, pur facendone talora un uso inconsapevole».
Fra i molti interrogativi che il tema delle interazioni psichiche pena...
Si è detto che la causalità psichica sia una sorta di «finestra su quella metateorica del diritto penale, di cui gli studiosi e i pratici tendono normalmente a offuscare il rilievo, pur facendone talora un uso inconsapevole».
Fra i molti interrogativi che il tema delle interazioni psichiche penalmente rilevanti solleva, assumono interesse preminente quelli connessi alla natura e alla verificabilità empirica del legame che intercorre fra condotte lato sensu comunicative e l’effetto che le stesse producono nella sfera interiore del destinatario, spesso condizionandone i comportamenti. Ogni indagine in materia deve pertanto confrontarsi con il principio di determinatezza, non a caso approfondito – nella sua duplice dimensione sostanziale e processuale – in una pronuncia della Corte costituzionale che aveva per oggetto proprio una dinamica di influenza psichica, la storica sentenza sul delitto di plagio.
Vagliati gli orientamenti emersi in seno alla dottrina italiana, anche alla luce dell’elaborazione dogmatica tedesca e anglosassone, nel presente lavoro viene proposta una rilettura del modello di accertamento causale delineato dalle Sezioni Unite Franzese volta a dimostrarne, mutatis mutandis, la fruibilità nel settore in analisi. È in questa prospettiva che ci si sofferma tanto sul ruolo dei principi di autoresponsabilità e autotutela quanto sullo statuto epistemologico di scienze umane, massime d’esperienza e indicatori, arrivando a formulare una serie di raccomandazioni per un impiego giudiziale proficuo ed equilibrato di tali parametri.
Gli approdi raggiunti diventano infine le ‘lenti’ per mettere a fuoco alcune ipotesi criminose con evento psichico finale o intermedio, fra cui le c.d. manipolazioni mentali, gli atti persecutori, la tortura, il concorso morale nel reato, le fattispecie corruttive, la truffa e l’istigazione al suicidio, tenendo conto dell’evoluzione digitale delle relative modalità di condotta. Il risultato della disamina, arricchita da spunti comparatistici, è l’individuazione di alcune ‘variabili usurpatrici’ a cui il legislatore e il giudice devono prestare attenzione quando si tratta, rispettivamente, di tipizzare e interpretare le varie forme di condizionamento psichico che possono offendere beni giuridici meritevoli di tutela.
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