Fino ad una decina d’anni fa, contrariamente a quanto avveniva per la procedura fallimentare, niente era previsto per quanto riguarda gli effetti del concordato preventivo sui rapporti contrattuali pendenti e il dibattito che ne era conseguito aveva visto prevalere, sia pure con qualche significat...
Fino ad una decina d’anni fa, contrariamente a quanto avveniva per la procedura fallimentare, niente era previsto per quanto riguarda gli effetti del concordato preventivo sui rapporti contrattuali pendenti e il dibattito che ne era conseguito aveva visto prevalere, sia pure con qualche significativa eccezione, l’opinione secondo la quale l’apertura del procedimento ne avrebbe comportato la prosecuzione. L’eventuale risoluzione dei contratti pendenti poteva allora avvenire soltanto secondo le regole ordinarie: ma era proprio chi intendeva avvalersi della procedura concordataria ad essere già inadempiente o a rischiare di divenire tale in un momento successivo.
Il problema, non direttamente toccato dalla riforma della disciplina fallimentare attuata fra il 2005 ed il 2007 – che pure investì in modo particolare proprio l’istituto del concordato preventivo –, ha assunto una dimensione completamente differente rispetto al passato, in seguito alla introduzione nella legge fallimentare degli artt. 169-bis e 186-bis, 3° comma (ad opera del d.l. n. 83/2012, convertito, con modificazioni, nella l. n. 134/2012): disposizioni che hanno per la prima volta dettato nel nostro ordinamento una disciplina specifica del fenomeno prevedendo, da un lato, la prosecuzione ex lege dei contratti “in corso di esecuzione” e, dall’altro, conferendo al debitore il potere di provocarne – previa autorizzazione del giudice – lo scioglimento o la sospensione, ed attribuendo così uno strumento particolarmente incisivo all’imprenditore che voglia accedere al concordato senza il “fardello” dei rapporti contrattuali ritenuti non funzionali al programma di ristrutturazione (dovendo egli soltanto riconoscere alla controparte un indennizzo da soddisfare, però, come credito concorsuale).
I problemi che questa disciplina ha posto in sede applicativa sono risultati di notevole portata, tanto da doversi registrare, dopo pochi anni, un ulteriore intervento del legislatore (questa volta ad opera del d.l. n. 83/2015, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 132/2015). Ma il percorso riformatore, come noto, non si è fermato qua ed ha condotto alla emanazione del “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), e così ad una risistemazione organica dell’intera materia (tranne che per l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza).
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