La scrittura di un Manuale non è mai impresa facile e gli autori sanno di condividere questa esperienza con molti illustri studiosi del diritto. Ordinare, staremmo per dire “sistematizzare” il frutto dei loro studi in una forma espositiva chiara, completa e lineare, fruibile per gli studenti dei primi anni di corso, ma allo stesso tempo metodologicamente avvertita, richiede uno sforzo non comune. E i risultati non sempre appaiono soddisfacenti agli stessi autori. Questa occasione è, se possibile, perfino più sfidante, sia perché il lavoro che qui si presenta è frutto di una elaborazione critica e di una stesura congiunta da parte di due studiosi di discipline, sì contigue e reciprocamente implicantesi, ma a lungo separate nell’Accademia italiana; sia per essersi essi stessi formati in ambienti culturali e con approcci scientifici diversi.
Prima di introdurre, pertanto, questo corso di diritto pubblico e di spiegarne, fin dal titolo, struttura e contenuti, gli autori sono particolarmente orgogliosi di essere riusciti a mantenere viva la propria identità culturale e la propria vocazione scientifica, arricchendole, tuttavia, per il tramite di un costante, ostinato, confronto. Se questa dialettica ha consentito una resa del lavoro più ricca, argomentata e criticamente fondata, essa ha soprattutto fornito a entrambi maggiore consapevolezza dei requisiti essenziali di un’opera destinata essenzialmente alla didattica, ma proprio per questo concepita attraverso una costante ricerca di rigore metodologico e di plausibili fondamenti teorici. Naturalmente, in una prima stesura sì è proceduto con una sorta di divisione dei compiti, di cui però non è qui necessario dar conto, in quanto gli autori, scambiandosi poi di ruolo, hanno assunto ciascuno le parti elaborate dall’altro come oggetto di analisi critica, riflessione e approfondimento, così che si spera emergano dalla lettura del libro questo spirito “socratico” e il reciproco affinamento che ne è scaturito. In altre parole, all’esito di questo complesso lavoro, è come se ciascuna parte del saggio fosse stata scritta e riscritta da entrambi gli autori.
È utile, allora, descriverne la struttura, partendo dallo stesso titolo del volume. Come è noto, il sintagma Diritto pubblico, pur nelle diverse interpretazioni, si riferisce, in prima battuta, all’insieme delle discipline gius-pubblicistiche, comprendendo senz’altro il diritto costituzionale e il diritto amministrativo, unitamente però al diritto europeo – in particolare dell’Unione Europea – e al diritto pubblico dell’economia. Questa nozione, flessibile e senz’altro perfettibile, anzi, probabilmente non del tutto condivisa tra gli studiosi delle relative branche, si scontra, però, con l’orribile formalismo della suddivisione delle discipline giuridiche nei c.d. settori scientifico-disciplinari (gli SSD di matrice ministeriale). Al di là del loro ruolo di orientamento descrittivo, essi risultano quasi sempre, per così dire, “tagliati con l’accetta”, sovrapponibili e parzialmente sovrapposti, in breve, puramente convenzionali. In ultima analisi, dunque, antiscientifici. Ecco, gli autori di questo Manuale si sono da sempre misurati con la questione dei confini materiali delle discipline giuridiche, specificamente di quelle che ruotano attorno al rapporto tra diritto e istituzioni pubbliche. Questo libro è una parziale risposta al disagio che scaturisce dal trattare delle etichette (i suddetti SSD) come punti di partenza e di approdo della ricerca in campo giuridico e più in generale delle scienze sociali.