L’idea di dare vita a un trattato di diritto costituzionale muove dalla considerazione di un vuoto significativo nel panorama editoriale italiano, passato e presente, dato dalla mancanza di una trattazione della nostra comune disciplina, che sia, ad un tempo, sistematica, scientificamente rigorosa e destinata ad un ampio pubblico di lettori. Lo stato dell’arte registra la presenza di precedenti illustri in ambiti disciplinari circumvicini, dal Primo trattato completo di diritto amministrativo curato da V.E. Orlando all’inizio del secolo scorso al Trattato di diritto amministrativo diretto da S. Cassese circa cent’anni dopo; a questi, però, non fanno riscontro lavori analoghi nel diritto costituzionale, se non nella fase primigenia della stagione unitaria, con le opere omonime, tra gli altri, di F.P. Contuzzi, A. Pierantoni e V. Sansonetti. Sul versante della manualistica più recente, anche i volumi maggiormente caratterizzati da autorevolezza e diffusione hanno un taglio prettamente didattico e divulgativo; inoltre, pur volendo ampliare lo sguardo al diritto pubblico, il manuale di C. Mortati e quello curato da G. Amato e A. Barbera, a cui avevano contribuito studiosi di punta del diritto costituzionale, non sono più aggiornati da tempo.
Interrogarsi a fondo sulle ragioni di tale assenza richiederebbe considerazioni più analitiche e meditate di quelle che possono essere svolte in questa sede preliminare. Per un verso, si tratta di una peculiarità tutta italiana; in altre esperienze giuridiche, infatti, opere trattatistiche di diritto costituzionale sono fiorite e continuano ad essere scritte e aggiornate (tra i numerosi esempi possibili, meritano una menzione particolare in Francia il Traité de droit constitutionnel di L. Duguit, pubblicato negli anni venti del Novecento, e in Germania l’Handbuch des Staatsrechts curato da J. Isensee e P. Kirchhof, iniziato nel 1987 ed ora giunto alla terza edizione). Per un altro verso, si tratta di una specificità che segna, sempre in negativo, il solo diritto costituzionale; è significativo il fatto che un giuspubblicista a tutto tondo, qual è stato V.E. Orlando, ha progettato e sviluppato un trattato di diritto… amministrativo, forse introiettando, anche al di là delle intenzioni, il celebre motto di O. Mayer «il diritto costituzionale passa, il diritto amministrativo rimane».
Le ipotesi che si possono formulare, al riguardo, sono quindi le più varie. Sulla scia dell’immagine del tronco dell’albero dal quale si ripartono i rami delle varie discipline giuridiche, cara a S. Romano, vi è che il diritto costituzionale è condensato in un unico documento contenente poche disposizioni generali e non si presta a trattazioni estese; oppure, al contrario, che l’avvenuta penetrazione del diritto costituzionale in tutti i settori dell’ordinamento giuridico renderebbe oggettivamente difficile, se non impossibile, dare un senso compiuto a quest’opera di irraggiamento. Un altro fattore causale potrebbe poi essere rinvenuto nel diverso rilievo assunto dal decorrere del tempo: mentre le c.d. materie ordinamentali (a partire dal diritto civile, dal diritto penale e dal diritto amministrativo) hanno radici profonde e si sono consolidate nel fluire delle molte generazioni che hanno traguardato l’unità nazionale, il diritto costituzionale è quello più esposto alle temperie politiche, com’è dimostrato dalla netta cesura tra i documenti fondativi dell’attuale ordinamento repubblicano e del precedente assetto statutario.
Si tratta di spiegazioni che recano tutte un germe di verità, ma non per questo sembrano in grado di descrivere compiutamente la vicenda qui considerata. Sia come sia, siamo convinti che nel suo ormai lungo periodo di vigenza la Costituzione abbia sprigionato molte delle sue potenzialità originarie ed abbia fornito risposte inedite e originali ai bisogni, ai desideri e alle speranze che le persone di ogni tempo, ivi compreso il nostro, portano con sé. Certamente, se la sua attuazione per via legislativa fosse stata meno frammentaria e incerta, spesso in nome di un revisionismo costituzionale maldestro e contingente, «il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice», riprendendo le parole pronunciate dalla senatrice L. Segre nel discorso inaugurale della XIX legislatura. Ciò ci induce a ritenere che il sedimentarsi della Costituzione, oltre che nell’esperienza giuridica, nella coscienza individuale e collettiva non possa mai essere assunto come un dato acquisito. Al contrario, come ricordava P. Calamandrei nel suo formidabile discorso agli studenti milanesi del 1955, è necessaria in ogni tempo una comune assunzione di responsabilità, affinché la Costituzione, «rinnovatrice e progressiva», resti viva. E ciò vale anzitutto per i partiti politici, sovente dimentichi delle intime legature tra progettualità costituzionale e politica nazionale, ma parimenti per la dottrina giuridica, talora irretita da velleitarismi ideologici o da compiacenze interessate.
Al netto di tali degenerazioni ci pare comunque innegabile che gli oltre settant’anni che ci separano dall’entrata in vigore della Costituzione abbiano contribuito al radicamento, nei cittadini come nelle istituzioni, di una cultura repubblicana. E questa base comune ci è parsa almeno un punto di partenza per provare a dare al diritto costituzionale una sistemazione più ampia e, nei limiti del possibile, completa rispetto a quanto si possa fare con un semplice manuale e così rivolgerci ad una platea vasta e differenziata, composta da studenti dei corsi universitari avanzati e dei dottorati di ricerca in discipline giuspubblicistiche, da giovani (e meno giovani) studiosi che intendono prepararsi per la carriera universitaria, da candidati ai concorsi per l’accesso alle posizioni apicali degli organi costituzionali e della pubblica amministrazione, da magistrati ordinari e amministrativi, da funzionari pubblici e da avvocati inseriti in studi legali dotati di prestigio e consistenza. A ciò si aggiunge, naturalmente, il fervido auspicio che il percorso qui proposto possa rappresentare l’occasione non solo per fare il punto su una parte rilevante di quella cultura repubblicana, ma anche per contribuire ad una più intensa riflessione sul ruolo della nostra comune disciplina, in uno con i lavori consimili che sono in via di pubblicazione (come il Trattato di diritto costituzionale italiano curato da M. Cavino e L. Imarisio, il cui primo volume è stato pubblicato nel 2021) e con gli altri che auspicabilmente verranno dopo.